Il suicidio della Malafemmina, Dorian Grey per tutti.

 

Molti l’hanno conosciuta e apprezzata nel ruolo della “Femme fatale” nel mitico Totò, Peppino e la Malafemmina, ma Dorian Grey era un’attrice polivalente che diede grande risalto al mondo del cinema. Resterà per sempre l’impareggiabile soubrette che fece perdere la testa a Teddy Reno, regalandoci la scena cult del cinema italiano.

Era una donna con una bellezza fuori dall’ordinario, che non voleva vedersi vecchia, nata a Bolzano, Maria Luisa Mangini e aveva debuttato nei primi anni Cinquanta giovanissima quattordicenne. Con Erminio Macario e Gino Bramieri, si esibì poi al fianco di Wanda Osiris (Gran baldoria di Garinei e Giovannini), Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello. Al cinema aveva partecipato a numerosi film negli anni Cinquanta.

Per Federico Fellini fu Jessy, l’amante di Amedeo Nazzari in “Le notti di Cabiria” e ne “Il grido” di Michelangelo Antonioni fu la benzinaia Virginia. Nel 1958 fu premiata con un Nastro d’argento come miglior attrice per “Mogli pericolose” di Luigi Comencini. Poi eccola con Dino Risi ne “Il mattatore” del 1960 e con Mario Camerini in “Crimen”, sempre nello stesso anno.

L’ultimo suo film risale a quasi cinquan’anni fa in “Fango” sulla metropoli, del 1965. Poi, a soli 30 anni, rimasta incinta, decide di ritirarsi dalle scene, dopo aver recitato ancora in numerose pellicole di genere farsesco e spionistico, trasferendosi a Torcegno dove fece costruire una villa crescendo il figlio, lontana dai riflettori del mondo dello spettacolo. Dell’attrice restano le belle pellicole di quel cinema italiano, un mondo diverso ma sempre vicino a quanti lo rivivono attraverso le pellicole.

 

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