
“Baby”, l’orrore della prostituzione minorile offuscato dal dramma adolescenziale
“Se hai sedici anni e vivi nel quartiere più bello di Roma sei fortunato, il nostro è il migliore dei mondi possibili. Per quanto sia tutto così perfetto, per sopravvivere abbiamo bisogno di una vita segreta.” – Chiara
Sbarcata sulla piattaforma Netflix il 30 Novembre scorso “Baby”, la serie di Andrea De Sica e Anna Negri, è liberamente ispirata al caso di cronaca del 2014 delle baby squillo, del quartiere Parioli di Roma. Un dramma che ha indignato famiglie e non di tutta Italia,
riconoscendo una prole, giorno per giorno, sempre più fuori controllo. Ambientata, più nello specifico, nell’immaginario Liceo “Collodi” della capitale, una scuola privata degna dei figli di papà della Roma bene, una stagione e sei episodi seguono le vicende delle due protagoniste Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani). Assieme a loro si alternano quelle di Damiano (Riccardo Mandolini), ragazzo dal passato difficile cresciuto nella periferia di Roma, ma trasferitosi ai Parioli, in quanto figlio dell’ambasciatore Khalid (Mehdi’ Nebbou); Fabio, figlio del rigido preside del liceo e fortemente
represso, con l’unico desiderio di esprimere le sue recondite emozioni (Brando Pacitto); Camilla (Chabeli Sastre Gonzalez), migliore amica di Chiara ma sorella di Niccolò, quest’ultimo coinvolto in una tresca clandestina con Chiara; Simonetta (Isabella Ferrari), mamma affettuosa di Ludovica ma distratta, e troppo presa dal cercarsi un uomo; Monica (Claudia Pandolfi), moglie di Khalid e istruttrice di atletica in “pensione” per via di un incidente, con l’insegnamento sfoga le sue frustrazioni; Saverio (Paolo Calabresi) e Fiore (Giuseppe Maggio), l’uno proprietario di un locale notturno e l’altro suo braccio destro, entrambi intenzionati a sfruttare Ludovica, seppur in maniera diversa. l’uno dall’altro; Brando (Mirko Trovato) e Niccolò (Lorenzo Zurzolo), maschi alpha del liceo grazie ad una fama da bulli, prepotenti, e organizzatori di festini. Quello di Chiara e Ludovica è un mondo, apparentemente, come quello di tante altre ragazzine, fatto di sogni, speranze, e prime cotte; andando avanti però, si scopre un vortice vizioso di ansie, paure, frustrazioni, alcol, sesso, e droga. Loro, ma anche gli altri gettati in questo circolo, chi più chi meno, hanno un male comune: famiglie assenti, o troppo impegnate a tradirsi e darsi battaglia per gli alimenti. Salta subito all’occhio, sin dalle prime puntate, un profondo disagio primordiale; ed è proprio da questo disagio che Chiara e Ludovica cercheranno i propri riscatti altrove. L’impronta della serie è quindi delineata; però, a come è stata presentata, lo scandalo del quartiere Parioli sarebbe dovuto essere il perno centrale dell’intero contesto, e tutti gli altri fattori i relativi satelliti. Invece, l’orrore della prostituzione minorile qui viene accennato, toccato ma con discrezione, come offuscato da un velo trasparente; mentre il vero nucleo è il dramma adolescenziale che i protagonisti vivono all’interno delle loro famiglie, e tra i loro coetanei. Il fattore prostituzione minorile quindi c’è, esiste, ma non è proprio l’occhio del ciclone; il che potrebbe sembrare sprecato se si guarda alla qualità della serie: un cast che mischia giovani e la maggior parte di talento, con veterani della fiction televisiva italiana. Non deludono inoltre fotografia, inquadrature e montaggio; tuttavia, la produzione avrebbe potuto gestire meglio l’aspetto delle baby squillo, concentrandosi di più a fare leva su questo dramma proprio perché dramma inconcepibile. Risultato: discreto, ma si ci poteva lavorare meglio.
Francesco Sarri