Bohemian Rhapsody, un concerto lungo due ore e tredici minuti
Due ore e tredici minuti di concerto, dove il dramma di avere una natura non molto ben accetta, e l’inesorabile avanzare di un male poco conosciuto negli anni Ottanta, si mescolano alla magia dei Queen. Un biopic che, con la sua energia, fa salire un’adrenalina dirompente allo spettatore. Nella Londra del 1970 un minuto e goffo Farrokh Bulsara conobbe, alla fine di un piccolo concerto, Brian May, John Deacon, e Roger Taylor; non consapevoli che quel momento avrebbe cambiato per sempre le loro vite. Farrokh era di origini indiane, e già in famiglia viveva il disagio del non essere capito appieno, come se già sapesse, in cuor suo, di essere destinato a qualcosa di più grande. Dopo un po’ di tempo e arrivarono le prime esibizioni, aumentò la visibilità e la registrazione, nel 1975, della canzone che sarebbe diventata uno dei loro biglietti da visita: Boehmian Rhapsody. Brano controverso e di difficile comprensione inizialmente, visto che il totale stile innovativo mischia opera, pop, e rock; durata cinque minuti e cinquantasei secondi, decisamente
troppo per gli standard dell’epoca. Nonostante la band dedicò anima e corpo alla realizzazione del brano, questo fu duramente criticato dai media e dalla stampa, che lo considerarono come inadeguato, e una mera accozzaglia di suoni. Quello che però reagì in maniera opposta fu proprio l’opinione pubblica, che da subito si affezionò alla canzone e al suo “Mamma mia”. Bohemian Rhapsody nacque infatti dall’esigenza di sperimentazioni, dato che il loro sound si aggirava quasi sempre tra il pop e il rock’n’roll. Il successo dei Queen crebbe progressivamente, e i tour non tardarono ad arrivare, tra Europa, States e Sud America. Non tutto ovviamente procedette rose e fiori, ci fu chi volle speculare sul talento di Farrokh, ormai per tutti Freddie Mercury, creando discordie nella band, e portando Mercury ad avviare progetti da solista. Naturalmente questo distacco durò poco, e i Queen tornarono insieme in un grande evento, il “Live Aid” del 1985, all’interno del Wembley Stadium, forti sopratutto di un affetto mai cessato. Fu un mega “jukebox globale”, dove le maggiori rock band di riferimento di quegli anni si esibirono per raccogliere fondi contro la carestia in Etiopia. Quella rimane, ancora oggi, una delle migliori esibizioni dei Queen; assieme
al concerto dell’anno successivo, sempre nello stadio di Wembley. Freddie Mercury si spense a Londra il 24 Novembre 1991, assistito dalla sempre “amata” Mary Austin, dal suo compagno Jim Hutton, e dai suoi amici di sempre, i Queen. La pellicola, diretta da Bryan Singer, presenta giustamente alcuni tratti un po’ romanzati, tuttavia la sceneggiatura è costruita degnamente alla storia della band, eccellente la fotografia e, soprattutto, grazie alla colonna sonora, si passa quasi tutto il tempo a cantare. Il film continua ancora oggi a registrare incassi record e oltre ogni aspettativa: a partire dal 2 Novembre, ha all’attivo nel mondo 608,7 milioni di dollari, per un totale di spesa di 52 milioni; confermandosi il film biografico più redditizio della storia. Come la canzone stessa, questo film ha confermato il “We will rock you”.
Francesco Sarri