I Placebo e la chitarra fatta a pezzi sull’Ariston

  11 Set 2020

2 marzo 2001: dopo la presentazione di Megan Gale, la band inizia ad esibirsi con Special K, tratta dall’appena uscito terzo album Black Market Music. Coperto dagli occhiali da sole, Brian Molko mostra più volte il dito medio alla camera e al termine della canzone sbatte ripetutamente la Stratocaster sull’amplificatore fino a distruggerla. Partono fischi e insulti dalla platea, Molko si mostra beffardo e conclude inchinandosi al pubblico. Un fenomeno iconico, quello della chitarra fatta a pezzi dalle rock band, ma lo è ancora di più se si comprendono le vere ragioni dietro al gesto dei Placebo. Ai giornali fu riferito che la band avesse abusato di alcol e che quindi avesse perso il controllo davanti alle telecamere. La realtà era ben diversa, perché l’idea di mandare a quel paese in Eurovisione fu tutt’altro che improvvisata. La sera prima di esibirsi, Molko si consultò con la leader del gruppo Skunk Anansie, Skin, al fine di comprendere cosa aspettarsi da Sanremo e che tipo di pubblico lo animasse. L’affronto era all’impellicciata platea sanremese, sconvolta nel vedere qualcosa di così spontaneo e vero (almeno al pari dei fiori che ornano da decenni il palcoscenico della kermesse). Probabilmente il frontman si scagliava anche contro un’industria musicale non inclusiva (denuncia fatta più volte della stessa Skin) e contro un mondo dello spettacolo mai pronto a guardare oltre la superficialità. I Placebo non appartenevano a Sanremo e Sanremo non aveva capito nulla dei Placebo: basti pensare che Special K, canzone solo apparentemente d’amore, perché in realtà allusiva alla ketamina, fu scelta dall’allora presidente della RAI solo in base alla sua orecchiabilità. La band in seguito dichiara: “Ci sembrava la reazione più adatta, a quel tempo. Eravamo arrabbiati perché nessuno ci aveva detto come era il Festival. Ci sembrava di essere finiti in mezzo a una sciarada. A nessuno gliene fregava assolutamente niente di noi. Quando venne il nostro momento, c’erano in platea tutti questi vecchi grassi in giacca e cravatta, con le loro donne in abito da sera. Qualcosa ha fatto click nella mia testa ed è scattata una reazione primordiale. Vaffanculo tutta ’sta roba, mi sono detto; non dovrei nemmeno essere qua! La sola cosa che mi è rimasta impressa nella memoria era la gente che dalla sala mi gridava: “Pezzo di merda”. Il 2 marzo 2001 era una sera come tante, avevo 8 anni e guardavo Sanremo in famiglia. Ricordo benissimo l’esibizione di questi strani personaggi vestiti di nero, così tanto in contrasto con i colori sgargianti del palco. Le reazioni in casa erano choc, sorpresa, condanna. Io invece da allora ne fui conquistata perché li percepii nella loro verità di outsider. Capii che sentirsi pesci fuor d’acqua era un sentimento decisamente trasversale.

Noemi Mezzone

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