“Il nome della rosa”, la serie su Rai Uno il 4 Marzo

  03 Mar 2019

Storia, architettura, filosofia, intrighi, passioni, tutto questo arriva lunedì 4 marzo su Rai Uno, con la serie “Il nome della rosa”, tratta dall’omonimo best seller, con 55 milioni di copie vendute, di Umberto Eco. Una co – produzione 11 Marzo Film, Paloma con Tele Munchen Group, in collaborazione con Rai Fiction. Nella serie prequel del film con Sean Connery, di trenta anni fa, lo spettatore tornerà coinvolto nelle vicende di Guglielmo da Baskerville, dal momento che varca le soglie dell’abbazia della discordia. L’edificio ospiterà, di lì a poco, il congresso in cui i frati francescani e i delegati della curia avignonese, discuteranno di ricchezze e privilegi, povertà e interpretazioni. Raggiunta l’isolata abbazia benedettina sulle Alpi, Guglielmo sarà lì in rappresentanza dell’ordine francescano, sostenuto da Ludovico di Baviera, futuro imperatore del Sacro Romano Impero, e minacciato dal potere temporale da papa Giovanni XXII. Assieme a Guglielmo, anche il giovane novizio benedettino Adso che, rinnegato il destino impostogli dal padre, barone dell’Imperatore, sceglie proprio Guglielmo come guida spirituale. La situazione ai due si presenta già da subito con aria sinistra, chissà cosa si cela tra gli scaffali di quegli innumerevoli manoscritti, e quanta la conoscenza al loro interno; non manca inoltre il tema del rapporto con la donna. Temi delicati che certamente fanno, a distanza di secoli, riflettere su quanto ancora siano attuali; stavolta però sarà l’attore, regista, e sceneggiatore statunitense dalla cittadinanza italiana John Turturro, a sostituire Sean Connery. Quattro le puntate in programma, tutte dirette dal regista Giacomo Battiato; inoltre la serie sarà trasmessa anche negli Stati Uniti e in Canada. Ma non è tutto, il prodotto è stato già acquistato dalla

BBC nel Regno Unito, dall’OCS in Francia, da Sky in Germania, da SBS in Australia, e dall’NRK in Norvegia. Accuratissime le scenografie, e un cast di tutto rispetto che va da Rupert Everett a Alessio Boni, oltre a Fabrizio Bentivoglio. Come ricorda il regista Battiato, certamente non è stata una produzione facile, ma la fedeltà al libro di Eco è stata quasi totale, eccetto qualche libertà nelle sequenza all’interno dell’abbazia, dove si svolgono gli omicidi seriali dei monaci. Non bisogna guardare a “Il nome della rosa” come un semplice romanzo o fiction televisiva, ma una dimostrazione di come lo scontro bene/male sia in ogni situazione, con la speranza che ci sarà sempre un Guglielmo da Baskerville a rammentare il buon senso.

Francesco Sarri

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