
La rivoluzione degli oscar
La rivoluzione durante la notte degli Oscar
Lo scorso 10 febbraio è avvenuta una piccola rivoluzione durante gli Academy Awards, meglio noti come Premi Oscar.
Oltre a vincere tre tra i premi più importanti quali Miglior sceneggiatura originale, Miglior regia e Miglior film straniero, l’opera sudcoreana Parasite, dal regista Bong Joon-ho (già noto a livello internazionale per Memorie di un assassino e The Host), è riuscita dove molti film prima di lui, di cui il messicano Roma solo l’anno scorso, hanno fallito: ottenere la statuetta per il Miglior film.
La decisione da parte dell’Academy di conferire, per la prima volta nella storia, un premio tanto ambito a un film non in lingua inglese, nonostante la ormai nota tendenza Hollywoodiana di esaltare i propri film, ha dell’incredibile nella stessa America di Donald Trump.
Parasite non è stato però l’unico a lasciare il segno. La produzione Netflix Made in the USA, una fabbrica in Ohio ha infatti vinto il premio per il Miglior Documentario narrando dell’acquisizione di una fabbrica della General Motors da parte di un’azienda cinese dal punto di vista dei lavoratori.
Il premio al Miglior Cortometraggio Animato è andato a Hair Love, storia di un padre e di una bambina afroamericana che impara ad acconciare i capelli. Lo sceneggiatore Matthew A. Cherry e la produttrice Karen Rupert Toliver hanno ammesso di aver realizzatoquesto progetto per vedere maggiore rappresentazione etnica nel mondo non solo della recitazione ma anche dell’animazione, normalizzando i capelli delle persone nere.
La cellista islandese Hildur Guonadòttir, insignita dell’Oscar alla Miglior Colonna Sonora per l’acclamato Joker, è la terza donna a ottenere tale riconoscimento dopo Rachel Portman per Emma e Anne Dudley per The Full Monty, rispettivamente nel 1996 e nel 1997.
Ultimo ma non per importanza è Taika Waititi, primo neozelandese di origine Maori a scavalcare la “supremazia” statunitense vincendo il premio per la Migliore Sceneggiatura Non Originale per Jojo Rabbit.
Nonostante ciò non si può affermare che i problemi razziali e di genere a nel mondo dello spettacolo siano una questione superata. Il trionfo di Parasite non riesce a far dimenticare la scarsa considerazione delle persone non bianche nelle più importanti premiazioni cinematografiche: quest’anno Cynthia Erivo era l’unica persona non bianca a essere nominata tra tutte le categorie attoriali.
La vittoria della Guonadòttir, per quanto meritata, non riesce a cancellare il fatto che Greta Gerwig non abbia ottenuto una nomination come Miglior Regista, nonostante Piccole Donne sia stato nominato in ben sei categorie tra cui Miglior Film e Migliore Sceneggiatura Non Originale, e che l’unica donna ad aver ottenuto il riconoscimento sia stata Kathryn Bigelow nel 2010 per The Hurt Locker.
Tale tendenza alimenta convinzioni quali che non esistano donne capaci di dirigere un film o comporre una colonna sonora o persone non bianche che sappiano recitare semplicemente perché non siamo abituati a vederli.
Nonostante si possa non credere negli Oscar, il loro potere mediatico è indiscutibile, e l’edizione 2020 è stata rivoluzionaria da questo punto di vista.
Francesca Lorenzini