
L’editoriale – E’ possibile un certo cinema d’autore in Italia?
Cinema d’autore in Italia, ma forse non quello che il pubblico nostrano è abituato a vedere. Secondo Gabriele Mainetti, regista del film “Freaks Out” ora nelle sale, sarebbe ora che oltre a lui e Matteo Rovere anche altri cominciassero a cimentarsi in questo mondo
Il cinema d’autore in Italia. Un Paese in cui la commedia, ma soprattutto la commedia all’italiana, ha incontrato una grande fortuna costituendone un vero e proprio marchio di fabbrica da esportare, e sul quale investire a lungo termine.
Il genere ha goduto e continua a godere oggi di una certa fama, tanto da spingere le diverse produzioni a investire in storie sempre diverse, ma comunque ancorate in qualche modo al “marchio”. Ma può essere sempre così?
L’Italia è troppo attaccata alla commedia e al dramma o può allargare i propri orizzonti, e magari distinguersi per qualcosa che è altro? Ci stanno ad esempio provando Gabriele Mainetti, Matteo Rovere, Roberto De Feo e Paolo Strippoli; ma sono ancora in pochi.
Gabriele Mainetti presenta il suo ultimo film “Freaks Out”, dove i super poteri si scontrano con l’Italia in guerra e invasa dai nazisti

Freaks Out narra le vicende di quattro sventurati che si guadagnano da vivere lavorando in un circo itinerante, dotati però di speciali abilità che potrebbero definirsi super poteri. La guerra dilaga e i protagonisti, in cerca di una vita migliore, attraversano paesaggi incontrando nazisti e partigiani, in una guerra che sembra non avere fine.
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Il cinema d’autore, e quindi di questo particolare genere, dopo il successo de Lo chiamavano Jeeg Robot sempre di Mainetti, sta cercando pian piano di farsi strada nel panorama italiano in modo così da arrivare ad una nuova frontiera. La domanda che qui ci si pone è, l’Italia è pronta ad esportare un nuovo cinema d’autore, un nuovo modo di fare spettacolo, un qualcosa di diverso da portare nelle sale del mondo? Le parole di Gabriele Mainetti:
“Sarebbe bello se dopo di me lo facessero anche altri, oltre a Matteo Rovere e al film “A Classic Horror Story” non vedo tutta questa frontiera. Ma se i produttori non scelgono di sostenere il cinema e non la televisione di genere non so quanto si possa andare lontano. La tv di genere l’abbiamo sempre fatta, il cinema no, e per me il cinema di genere rappresenta delle possibilità molto più interessanti di quelle televisive”.
Francesco Sarri