
David Gilmour e Roma:due eternità si incrociano nel presente
“Si prega cosi oggi,come sempre”.E’ attraverso le parole di Carmelo Bene nel suo iconico lungometraggio :”Nostra signora dei turchi”,al tempo stesso velato e nascosto nel tempo;che vorrei introdurre la contraddittoria esperienza che è stata,veder esibirsi dal vero,nella luce dell’imbrunire del tramonto romano su Circo Massimo,sua maestà David Gilmour,storica chitarra solistica dei Pink Floyd.
70 anni,vestito completamente di nero,non un minuto di ritardo(a dispetto dell’attitudine tipica del clichè d’ogni mostro sacro della musica moderna);questo gentiluomo di Cambridge,onorato nel 2003 al titolo di Commendatore dell’Ordine dell’impero Britannico:ha deliziato la platea capitolina,come raccolta in un antico teatro greco,corsa brulicante e desiderosa di lasciarsi suggestionare dal tocco inequivocabile della sua Fender Stratocaster;con un repertorio ben commisto,tra classici del passato-anche se parlare di “passato”,per brani come:Wish You Were Here,Money,Time,è quantomeno delittuoso- e pezzi di recente realizzazione,come:The Girl with the Yellow Dress e The Blue,che non fatichiamo a supporre possano diventare future perle,di cui solo oggi,non riconosciamo ancora pienamente il valore.
Passando per onirici giochi di luci artificiali e suoni diluiti nello spazio,rendendo l’eterna cava delle bighe che millenni or sono rendevano il posto un dinamico strepitio;un catino dal tempo sospeso ad una riflessione sulla vita e sui punti interrogativi,che la sola musica dei Pink Floyd e del signor. Gilmour,riesce spontaneamente ad indurre col semplice diffondersi vibrante delle proprie note nel volume d’aria.Ed è proprio attraverso questa sensazione derivata dalla fusione tra le due unicità,d’arte musicale ed arte storica e territoriale,che maggiormente è emerso il più basilare e profondo degli stati d’animo,verso il quale andando in questi tipi di eventi speriamo sempre di imbatterci:l’emozione e la pelle d’oca.Quando infine questo anziano uomo,dall’apparenza placida e serena(d’altronde chi non avrebbe la coscienza cheta nell’autunno della vita,sapendo che si è stato un membro dei Pink Floyd?) nonostante l’immagine d’un infaticabile,al contrario che la sua età suggerirebbe,ha pervaso Circo Massimo con il sogno eufonico,che produce visioni,di cui solo autentici Capolavori come Shine On You Crazy Diamond e Comfortably Numb,possono essere fautori…inevitabilmente,come quasi rapiti da una favola o un mito struggente,l’intero pubblico italiano,non ha potuto far altro che farsi costringere senza violenza,a quella che è stata per l’appunto,ritornando alle parole iniziali di Carmelo Bene,una preghiera collettiva,un rito,dal costume moderno,laico,alla più radicale testimonianza che l’emozione, in cui felicità,entusiasmo e nostalgia,vigono intense nello stesso momento,esista davvero.Percezione che si ha solo con David Gilmour ogni qual volta lo si ascolta dal vivo e che siamo sicuri avvertiremo ancora,la prossima volta in cui la sua eleganza sobria ma monastica,lo riporterà davanti ai nostri occhi.
Massimiliano Bellucci