Sanremo 2019 prospettiva reporter: lo sguardo dietro la telecamera

La sessantanovesima edizione del Festival della canzone italiana è terminato da poco e, di questi tempi, se ne sono viste di cotte e di crude, in quanto a risultati e polemiche. Come è noto, il podio è composto da Mahmood vincitore, secondo posto per Ultimo, e terzi Il Volo. Ora, prima di parlare più nel dettaglio di questa vittoria, occorre fare un passo indietro, anzi, cinque; cinque giorni in cui vi farò un sunto di cosa voglia dire Sanremo visto con gli occhi di un semplice reporter.

4 Febbraio. Partiamo dal viaggio di andata, ci si alza alle 3.00 a.m. per recarmi, assieme alla collega, presso la stazione centrale di Bologna, il treno parte alle 5. Primo scalo a Voghera, e poi diretti a Sanremo; peccato che la sventura era dietro l’angolo: appena arrivati alla stazione di Albenga, e quindi a una scarsa mezz’ora dalla destinazione, la rete elettrica ferroviaria subisce un guasto, e il treno è costretto a una fermata piuttosto lunga. Passeggeri e noi due compresi abbiamo avuto grossi disagi tra stanchezza, bagagli da portare, e l’ansia per arrivare alla conferenza stampa, che si sarebbe tenuta il giorno stesso alle 12.30. Ci vorranno le 15 passate prima che il ragazzo del b&b, presso cui abbiamo alloggiato, ci venisse a prendere in auto; stremati siamo arrivati, abbiamo saldato il conto, disfatto la valigia, e subito ci siamo incamminati alla volta della cittadina. L’unico lato positivo in tutto questo, è che durante questa traversata abbiamo conosciuto musicisti simpaticissimi e anche un fotografo di Matera, col quale siamo stati assieme per quasi tutto il soggiorno. Io ancora non potevo crederci, ero a Sanremo, dove dal 1951 si svolge il Festival della canzone italiana, e di lì in poi di continuo, per sessantanove anni. Senza perdere troppo tempo, con la collega ci siamo recati presso l’Ariston, per raggiungere la sala stampa; superati i controlli e recuperato il pass all’ufficio accrediti, gli addetti ci hanno fatto strada verso l’ascensore. Dopo aver varcato la porta, non seppi trattenere un “ohh” di stupore; la sala stampa era grande, molto grande, con postazioni che sembravano non finissero più. Con molta timidezza e stando attento a dove camminavo, mi sono fatto strada per la sala, ancora con pochi giornalisti, per trovare un posto consono per lavorare; ebbene tutte le postazioni erano in qualche modo prenotate, tutte erano riservate a qualche giornale, radio o televisione. Già partiamo con un’altro disagio: un giornalista che si accredita per un evento di tale importanza, e non ha dove sedersi? Ad ogni modo, senza dare troppo nell’occhio, mi sono seduto alla prima che mi è venuta davanti e ho cominciato a lavorare. Dopodiché, questa prima mia giornata sanremese è finita qui.

5 Febbraio. E’ il gran giorno, finalmente avrei visto il Festival di Sanremo dal vivo. Già dalla prima mattina, assieme alla collega ci siamo recati al Palafiori, poco prima dell’Ariston, dove si trova Casa Sanremo, un lounge spazioso ma con accesso solo con pass, che noi avevamo. Oltre a questo, diverse le altre manifestazioni all’interno: stand commerciali; bar; forni per pizze; posti a sedere per convegni; la sala stampa Lucio Dalla, riservata per lo più alle radio e a chi non è riuscito ad accreditarsi all’Ariston; e il retro, composto da un piccolo red carpet transennato dove, a turni, passavano gli artisti in gara e gli ospiti per raggiungere la lounge, per le interviste. Era un sogno, mi sentivo frastornato, attorno a me succedevano un sacco di cose e tutto così in fretta, avevo paura di non risultare all’altezza. Poi il primo contatto da intervistare, il produttore musicale Gianni Testa; e con questo, già avevo la mia prima intervista a Sanremo. Dopo questa video intervista e ancora eccitato, ci siamo recati nella sala stampa dell’Ariston per la consueta conferenza; la sala grande era affollata, e piena di telecamere posizionate pronte a catturare sguardi e parole di chi era seduto al tavolo, in questo caso i componenti del dopo Festival, capitanati da Rocco Papaleo e Anna Foglietta. Che emozione è stata, peccato solo non aver avuto la possibilità di avvicinarmi anche per una stretta di mano; se ci avessi provato, le guardie del corpo sarebbero state leggermente “contrariate”. Vicino l’entrata dell’Ariston non è mancato nemmeno il tapiro d’oro gigante con Valerio Staffelli annesso, giusto perché non dobbiamo farci mancare nulla. Tra interviste al Palafiori, compreso al suo patron Vincenzo Russolillo, è giunto il momento della prima serata di questo Festival. Ora, quello che è successo nelle serate, inutile ribadirlo, anche perché è su tutti i giornali; nella sala stampa, invece, io dovevo fare i conti con la postazione, e vedere come meglio sistemarmi. Diciamo che la prima serata non è andata male, anche perché ho conosciuto e trovato colleghi comprensivi, che mi hanno tranquillamente detto “Siediti pure, tanto non ci fa caso nessuno, a meno che non venga il diretto interessato”, e per dirla tutta, non è detto che venga. Una cosa che certamente ignoravo, e che mi avevano anticipato, è l’atteggiamento della sala stampa durante il Festival; in alcune canzoni non solo si canta, ma si intonano cori e si balla di gusto. Così è stato, in particolare per le canzoni di Mahmood e Achille Lauro (come sia stato possibile rimane per me ancora un mistero). Comunque, 24 canzoni nella prima serata, per cui è stata lunga; a maggior ragione col fatto che noi giornalisti avevamo facoltà del 30% del voto, quindi non ci si stupisce nel momento in cui si vede qualcuno che si fomenta. Passeggiando per Sanremo, dopo la fine della prima puntata, ho potuto ammirare il lungo viale, l’esterno del Casinò, e la statua di Mike Bongiorno, quasi volesse gridarmi “Allegria!”. Per questa prima serata sono stato fortunato. Stancante, ma gratificante.

6 Febbraio. Mi sono alzato stanco ma determinato dal letto e, assieme alla collega, ci siamo diretti al Palafiori, in cerca di altra Calabria da intervistare, e devo dire che l’abbiamo trovata, da una parte all’altra dell’edificio. Non sono mancati, ovviamente, alcuni assalti al Red Carpet per qualche selfie veloce con il vip di turno, ma facile non è stato per niente. La vita nel Palafiori scorreva veloce e frenetica, e Casa Sanremo, il lounge, sembrava un salotto per élite dove la gente poteva rilassarsi, bere caffè e cocktail; mentre oltre il muretto passavano i vip, per le interviste con Radio 105. Super scortati e protetti, ho avuto l’ardire di avvicinarmi a qualcuno, essendo comunque fortunato e riuscire a fare lo scatto; ma erano ad ogni modo molto, molto frenetici, come la vita a Sanremo durante la kermesse. Al piano superiore del Palafiori, come detto prima, a parte la sala stampa “Lucio Dalla” e stand commerciali, c’era un servizio ristoro più una piccola sala convegni dove, in quel momento, si esibiva il duo musicale Jalisse. Perché così è il Palafiori, un continuo scorrere di noti e meno noti, dove nessuno sta mai fermo. E’ arrivato il momento della conferenza stampa, per la prima volta ho visto i presentatori dal vivo; solo che troppo lontani, e con troppi “cani” all’osso. Ma non solo, sempre nella sala stampa c’è una piccola saletta per delle interviste televisive, ed è stato lì che mi è comparso quello che io considero un esempio per il lavoro che inseguo, Vincenzo Mollica. Appena l’ho visto l’ho rincorso per un saluto, e per una foto, ma appena me lo sono trovato davanti, di botto mi sono arrestato: camminava sorretto e a fatica, aveva un’espressione stanca e provata, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi più di tanto. Oltre a lui, avevo vicino nella sala intervista Ultimo e Loredana Bertè, ma avvicinarli è stato praticamente impossibile, pena placcaggio offensivo delle guardie del corpo. Ma una delle emozioni più grandi, è stato l’ingresso di Sua Maestà Pippo Baudo, colonna portante della televisione italiana che, alla sua età, aveva ancora entusiasmo da vendere. Anche per la seconda serata, ho trovato una postazione adatta a chi non la aveva assegnata, ovvero delle sedie verdi poste alle prime file. Non avevo un ripiano dove appoggiare il computer se non le mie gambe, ma è andata lo stesso bene così.

7 Febbraio. La caccia è continuata all’indomani della terza giornata di Sanremo 2019, e a Casa Sanremo, è arrivata una bellissima Mercedesz Henger, assediata da fan e guardie del corpo, ma allo stesso tempo cordiale e disponibile per le foto. Ma quale sorpresa ci ha atteso sul red carpet poco distante? Un simpaticissimo Dario Brunori ha fatto il suo ingresso, tra battute e gag, come al suo solito, sempre divertentissime. Simpatia mischiata a bellezza poiché, all’interno della galleria d’arte adiacente, si trovava Elisabetta Gregoraci; e anche solo arrivarci ha voluto dire sgomitare un po’. Altra sorpresa, l’ex naufrago e ballerino Enzo Paolo Turchi, leggermente acciaccato e sorretto da un paio di stampelle, ma sempre sorridente e disponibile; ciononostante, Turchi e la Gregoraci non si sono fatti mancare un bel tuca tuca davanti le telecamere. Siamo giunti al momento del terzo appuntamento con la musica e, come al solito, ha avuto inizio la crociata per trovare un posto; fortunatamente, anche quella sera siamo riusciti a trovare qualche poltrona verde libera. Anche se, non sapevo precisamente perché, qualcosa mi diceva che avrei subito qualche intoppo. La serata, come la precedente, è proceduta più leggera perché, a differenza della prima, in queste due si sono esibiti 12 artisti per volta, rendendo la puntata più leggera e lasciando maggiore spazio alle gag dei conduttori.

8 Febbraio. La stanchezza cominciava a farsi sentire e alzarsi dal letto stava diventando sempre più difficile, considerato il fatto che dormivo massimo 5 ore a notte. Questa quarta e penultima giornata sarebbe stata un po’ particolare, visto che si sarebbero esibiti, quella sera, anche gli ospiti assieme agli artisti. Questa giornata come le altre, nel senso che anche quel venerdì la frenesia nel Palafiori non si è fatta attendere, così come le varie interviste a destra e a manca, incluso un saluto random da Paolo dei Negrita, uscito sulla terrazza per fumarsi una sigaretta. Ero molto stanco sul calar della sera, ma sapevo che avevo ancora una nottata davanti, per cui mi sono fatto coraggio e ho preso la via dell’Ariston. Quel presentimento che avevo si è avverato, nella sala stampa c’era sempre più gente, e sulle famose poltrone verdi c’erano dei cartelli con su scritto “Riservato Sala Stampa Lucio Dalla”. Ecco che, complice la stanchezza, mi è salito il nervoso, e a nulla sono servite le lamentele dai responsabili poiché, più che allargare le braccia e dirmi “quest’anno è andata così”, non hanno saputo fare. Poi dicono che ce l’hanno con i giornalisti, ma se questi non vengono nemmeno messi nella condizione di lavorare, allora siamo a posto. Fortuna ha voluto che incontrassi qualche santo collega che, tra una cosa e l’altra, è riuscito a rimediarmi un posto anche laddove teoricamente non potevo, e allo stesso tempo dove il diretto interessato non si è presentato. Anche quella sera, ho potuto vedere la sala stampa scatenata sulle note di Ligabue, e qualche sera prima di Giorgia. Oltre tutto le loro intenzioni, quando si trattava di manifestare il proprio tele voto, erano percettibili, grazie agli esiti di fine serata.

9 Febbraio. Finalmente da una parte, peccato dall’altra, siamo arrivati alla fine di questo Festival. Tra voci di corridoio, tra favoriti e non, inizia la quinta e ultima serata della sessantanovesima edizione del Festival della canzone italiana. Nella sala stampa regna una certa agitazione, a cominciare da me che, anche questa sera, sono costretto a passare la serata in piedi, fortunatamente aiutato dalla scaletta del programma, altrimenti scrivere per il giorno dopo sarebbe stato un disastro. Dopo una settimana del genere, e con certi ritmi, le imprecazioni diventano facili, soprattutto dopo aver riscontrato una certa superficialità da gran parte del personale competente. Comunque, dopo una lunga carrellata di canzoni e ospiti, appena uscite le classifiche, la sala stampa si è scatenata: appena è stato confermato il quarto posto a Loredana Bertè (perché mai, dico io) i “buuu” si sono levati dalla platea dell’Ariston fin alla sala stampa stessa, mettendo in notevole imbarazzo i conduttori. Usciti poi i terzi classifcati, Il Volo, la sala stampa è sembrata una curva da stadio, e in diversi video che circolano in rete si sente qualcuno gridare “M***e! M***e!”. Quando è stato annunciato Mahmood come vincitore, tutti felici e contenti, e a cantare con lui a ritmo di “Soldi”. L’apoteosi si è però raggiunta poco dopo, quando i tre classificati Mahmood, Ultimo e Il Volo, hanno raggiunto la sala stampa. I terzi avevano un’aria più che altro rassegnata, della serie “va bene così”; il vero show è stato Ultimo: ha chiaramente detto che durante questo Festival molti giornalisti gliel’hanno tirata, e lui modestamente se li è toccati; inoltre ha perso le staffe quando qualcuno, mentre parlava di Mahmood come “ragazzo”, gli ha fatto la mossa per dire “ehh ragazzo, tu invece cosa sei?”. Apriti cielo, Ultimo si è scagliato contro la sala dicendo che “dovete sempre da’ rompe er c***o”; fischi e cori contro Ultimo poi, dopo qualche minuto, animi un po’ più pacati. Grosso modo non c’è molto altro da dire, se non che questo Festival ha davvero tanti punti interrogativi, soprattutto in ciò che succede dove le telecamere non inquadrano, tipo nella sala stampa, dove un giovane giornalista, chissà cosa deve fare per una postazione dove lavorare serenamente.

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